Sono trascorsi 20 mesi dai terremoti che hanno distrutto Amatrice, Arquata del Tronto e Accumoli. I temi della ricostruzione e delle grandi difficoltà che vivono migliaia di persone sono spariti dalle pagine di tutti i principali giornali italiani. La “bolla mediatica” del terremoto è svanita, eppure mai come in questo caso gli eventi sismici hanno contribuito a ridefinire e cambiare il ruolo dell’informazione, imponendo ai giornalisti nuove forme e nuovi strumenti. Agli approfondimenti – tipici della carta stampata – si sono aggiunti i reportage in tempo reale sul web. L’utilizzo degli smartphone (strumenti alla portata di tutti) ha spodestato quello delle telecamere consentendo a migliaia di cittadini (spesso colpiti in prima persona dalla tragedia) di produrre informazione, spesso di qualità: il citizen journalism, con una grande mole di contributi “dal basso” riversati sui social network, ha imposto ai giornalisti il confronto costante e quotidiano con chi vive nel “cratere”, tenendo a lungo alta l’attenzione e contribuendo fortemente ad animare polemiche e dibattiti pubblici. Tutto ciò è avvenuto in un contesto in cui – invece – l’informazione istituzionale è apparsa spesso del tutto assente. Il terremoto, insomma, ha contribuito fortemente a ridefinire i ruoli dei lettori e dei giornalisti, che mai come in questo caso sono stati costretti ad avere un rapporto collaborativo: i primi hanno rinunciato alla “passività” e sono sovente diventati “reporter”; ai secondi l’arduo compito di filtrare e verificare il flusso continuo di informazioni, costruendo narrazioni coerenti e veritiere. Ne discuteremo con giornalisti che vivono nel “cratere”, attivisti sociali e ricercatori.

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